Cenni storici e situazione attuale
Il progetto Tevere Cavo riguarda il settore urbano della città di Roma che
segue l’andamento del Tevere dalla diga di Castel Giubileo, a Nord, alla porta
di Piazza del Popolo a Sud, ed è racchiuso dai grandi colli di Monte Mario ad
Ovest e di Monte Antenne ad Est.
La macro area N comprende il Villaggio Olimpico, situato tra il
Tevere, la via Flaminia, le pendici di Villa Glori e dei Parioli, e la zona dei Campi Sportivi lungo
l’ansa del Tevere, all’interno della quale sono localizzati degli interessanti Urban Voids, ossia aree e lotti
degradati, sottoutilizzati o semplicemente abbandonati, che possono diventare i
protagonisti dell’attuale tema progettuale della densificazione e della maggior
efficienza della città contemporanea.
Un importante contesto storico quindi, essendo
il Villaggio Olimpico una zona
urbanistica di Roma di estrema rilevanza dal punto di vista storico,
architettonico, ambientale e culturale.
Nella piana tra la collina di Villa Glori e il
Tevere, nel corso del secondo conflitto mondiale, venne costruito un
agglomerato di baracche per gli sfollati, conosciuto come Campo Parioli. Alla fine degli anni ’50, in occasione delle
Olimpiadi di Roma del 1960, si iniziò a costruire, in quest’area in posizione
non periferica e interna alla città costruita, quello che oggi è noto come Villaggio Olimpico, per dare ospitalità
ad atleti, accompagnatori e giornalisti. Si realizzò così, su progetto di un
team di architetti (Vittoro Cafiero, Adalberto Libera, Amedeo Luccichenti,
Vincenzo Monaco e Luigi Moretti), un imponente complesso residenziale per il
ceto medio, che entrerà a far parte del solido patrimonio urbanistico della
città, data la sua unità architettonica concettuale e formale. Il progetto
rispettava, inoltre, al massimo l’ambiente naturale e le costruzioni sono
disposte in modo tale che, con un sapiente gioco di volumi, lasciano libera la
visuale sia verso la collina di Villa Glori che verso le sponde del Tevere,
armonizzandosi con il paesaggio. Le diverse soluzioni architettoniche sono
unificate da alcuni elementi comuni: i pilotis, che permettono di lasciare
libero lo spazio sottostante le edificazioni, che verrà a costituire delle aree
pedonali; i marcapiano in cemento; le finestre a nastro con infissi in lamiera zincata verniciati di bianco, il sistema di riscaldamento centralizzato gestito da centrali
termiche parzialmente interrate e la cortina del rivestimento di un color
giallo dorato. L’area è circondata, per via della sua primordiale funzione, da
strutture sportive: lo stadio Flaminio
e il Palazzetto dello Sport
(progettati da Pier Luigi Nervi), il palazzetto delle Federazioni Sportive.
Necessaria fu la creazione di una nuova arteria
stradale, a scorrimento veloce, che permettesse il collegamento della via
Cassia e della via Flaminia con viale Tiziano e con viale Parioli, attraverso
l’inutilizzato ponte Flaminio. Pier Luigi Nervi progettò a tale scopo il
viadotto di Corso Francia, lungo più
di un chilometro, elevato su possenti pilastri, che svincolavano completamente
il quartiere sottostante dal traffico e non compromettevano la continuità
organica dello spazio verde. Questo caratteristico nastro stradale aereo su pilastri
trova un’eco immediata nei vicini edifici poggianti su pilotis.
Ma l’epoca d’oro finì ben presto: le case non
furono più gestite dall’INCIS (istituto nazionale di case per gli impiegati
dello stato), il portierato fu soppresso, vennero dismesse le centrali termiche
comuni, cessò la manutenzione degli spazi pubblici, le vie del quartiere si
trasformarono in piste per autovetture e bus mentre gli spazi aperti furono
utilizzati come parcheggio per roulotte e camper. Così oggi il Villaggio
Olimpico risulta essere un quartiere transennato e in abbandono, nonostante
l’arrivo di opere di prestigio internazionale, come l’Auditorium di Renzo
Piano, dove i cittadini gridano la richiesta della sistemazione delle strade e dei marciapiedi, della
riqualificazione del verde, del recupero dell’edilizia pubblica e della
necessità dell’inserimento di un centro socio-sanitario.
“Le popolazioni di un grande centro urbano hanno lo specchio del loro
modo di vivere - cioè della loro civiltà - nella misura, nel disegno, nella
dislocazione degli spazi verdi di cui possono usufruire. Non sarà mai
abbastanza la cura di chi ha la responsabilità di governo nell’avvantaggiare
realisticamente e praticamente - e non con promesse e affermazioni teoriche -
la quantità di verde e soprattutto la disposizione di questo verde nel
territorio di una grande città” –Luigi Moretti-
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