domenica 10 marzo 2013

Tevere Cavo - il contesto urbano


Cenni storici e situazione attuale

Il progetto Tevere Cavo riguarda il settore urbano della città di Roma che segue l’andamento del Tevere dalla diga di Castel Giubileo, a Nord, alla porta di Piazza del Popolo a Sud, ed è racchiuso dai grandi colli di Monte Mario ad Ovest e di Monte Antenne ad Est.
La macro area N comprende il Villaggio Olimpico, situato tra il Tevere, la via Flaminia, le pendici di Villa Glori e dei Parioli, e la zona dei Campi Sportivi lungo l’ansa del Tevere, all’interno della quale sono localizzati degli interessanti Urban Voids, ossia aree e lotti degradati, sottoutilizzati o semplicemente abbandonati, che possono diventare i protagonisti dell’attuale tema progettuale della densificazione e della maggior efficienza della città contemporanea.
Un importante contesto storico quindi, essendo il Villaggio Olimpico una zona urbanistica di Roma di estrema rilevanza dal punto di vista storico, architettonico, ambientale e culturale.
Nella piana tra la collina di Villa Glori e il Tevere, nel corso del secondo conflitto mondiale, venne costruito un agglomerato di baracche per gli sfollati, conosciuto come Campo Parioli. Alla fine degli anni ’50, in occasione delle Olimpiadi di Roma del 1960, si iniziò a costruire, in quest’area in posizione non periferica e interna alla città costruita, quello che oggi è noto come Villaggio Olimpico, per dare ospitalità ad atleti, accompagnatori e giornalisti. Si realizzò così, su progetto di un team di architetti (Vittoro Cafiero, Adalberto Libera, Amedeo Luccichenti, Vincenzo Monaco e Luigi Moretti), un imponente complesso residenziale per il ceto medio, che entrerà a far parte del solido patrimonio urbanistico della città, data la sua unità architettonica concettuale e formale. Il progetto rispettava, inoltre, al massimo l’ambiente naturale e le costruzioni sono disposte in modo tale che, con un sapiente gioco di volumi, lasciano libera la visuale sia verso la collina di Villa Glori che verso le sponde del Tevere, armonizzandosi con il paesaggio. Le diverse soluzioni architettoniche sono unificate da alcuni elementi comuni: i pilotis, che permettono di lasciare libero lo spazio sottostante le edificazioni, che verrà a costituire delle aree pedonali; i marcapiano in cemento; le finestre a nastro con infissi in lamiera zincata verniciati di bianco, il sistema di riscaldamento centralizzato gestito da centrali termiche parzialmente interrate e la cortina del rivestimento di un color giallo dorato. L’area è circondata, per via della sua primordiale funzione, da strutture sportive: lo stadio Flaminio e il Palazzetto dello Sport (progettati da Pier Luigi Nervi), il palazzetto delle Federazioni Sportive.
Necessaria fu la creazione di una nuova arteria stradale, a scorrimento veloce, che permettesse il collegamento della via Cassia e della via Flaminia con viale Tiziano e con viale Parioli, attraverso l’inutilizzato ponte Flaminio. Pier Luigi Nervi progettò a tale scopo il viadotto di Corso Francia, lungo più di un chilometro, elevato su possenti pilastri, che svincolavano completamente il quartiere sottostante dal traffico e non compromettevano la continuità organica dello spazio verde. Questo caratteristico nastro stradale aereo su pilastri trova un’eco immediata nei vicini edifici poggianti su pilotis.
Ma l’epoca d’oro finì ben presto: le case non furono più gestite dall’INCIS (istituto nazionale di case per gli impiegati dello stato), il portierato fu soppresso, vennero dismesse le centrali termiche comuni, cessò la manutenzione degli spazi pubblici, le vie del quartiere si trasformarono in piste per autovetture e bus mentre gli spazi aperti furono utilizzati come parcheggio per roulotte e camper. Così oggi il Villaggio Olimpico risulta essere un quartiere transennato e in abbandono, nonostante l’arrivo di opere di prestigio internazionale, come l’Auditorium di Renzo Piano, dove i cittadini gridano la richiesta della sistemazione delle strade e dei marciapiedi, della riqualificazione del verde, del recupero dell’edilizia pubblica e della necessità dell’inserimento di un centro socio-sanitario.

Le popolazioni di un grande centro urbano hanno lo specchio del loro modo di vivere - cioè della loro civiltà - nella misura, nel disegno, nella dislocazione degli spazi verdi di cui possono usufruire. Non sarà mai abbastanza la cura di chi ha la responsabilità di governo nell’avvantaggiare realisticamente e praticamente - e non con promesse e affermazioni teoriche - la quantità di verde e soprattutto la disposizione di questo verde nel territorio di una grande città”  –Luigi Moretti-

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